Sei gennaio

_DSF6226bisQE così è più di un mese che sono senza lavoro. L’unica convocazione a San Bonifacio ha portato di buono soltanto un bel tragitto in auto con tutta la neve che ricopriva fiabescamente il paesaggio padano. Le feste natalizie son terminate (oggi è la Befana), sono ancora a Crotone, non so per quanto ma queste vacanze sono passate in fretta davvero. In principio son stati i mercatini di Verona, con tutto il loro sfarzo in fatto di ricchezza e varietà di prodotti magnificamente esposti (dalle mie parti non ci arriveranno neppure fra mille anni!).

_DSF6233bisQEppure mi hanno lasciato dentro un che di fatuo, di eccessivo, di lontano dal clima natalizio come lo percepisco io. Differente lo spettacolo della grande cometa in Piazza Bra, che vedevo per la prima volta dal vivo e che ricreava uno scenario indubbiamente suggestivo, come fosse un arcobaleno di luce bianca che incornicia tutto quel ben di Dio architettonico della Gran Guardia Nuova.

Gli ultimi giorni veneti prima del ritorno in terra natia son stati un po’ deprimenti. La solitudine, senza gli impegni lavorativi che me ne distraggono la mente, si fa sentire in modo assai doloroso, ultimamente. Strano anche il mio arrivo a Crotone. Sarà stata anche la stanchezza del lungo viaggio, ma un senso di apatia ha accompagnato le mie prime ore come se non sentissi poi chissà quale mancanza della mia città. Solo la visione di mia madre ha ridato un senso a tutte le 16 ore di bus estenuante. Naturalmente anche il resto della famiglia ha reso la mia permanenza giù qualcosa che avesse un senso. Ma una stanchezza mentale ha ugualmente accompagnato questi giorni. A Santo Stefano, poi, ho rivisto il mio mare, che non mi ha commosso nel rincontrarlo come dieci anni fa, ma mi ha allo stesso modo ispirato qualche scatto di non particolare bellezza, seppur di un qualche significato:

La sintesi del mio reale stato d’animo si è in un certo modo materializzata nello scatto di alcuni giorni dopo, in uno dei più degradati scorci del centro storico crotonese:

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Niente da aggiungere con l’arrivo del nuovo anno. Sì, è vero, rivedere alcuni amici mi ha regalato momenti di spensieratezza ed intensità, ma comunque questo 2018 non promette granchè di buono nella mia testa. Sono davvero stancuzzo per continuare a sperare. Faccio ciò che va fatto, per il senso di dovere che è l’unica vera spinta che mi sta salvando dalla depressione, almeno per il momento.

:-(

bimbo_neveAncora postumi dell’influenza, forti mal di testa fortunatamente tenuti a bada con gli analgesici, e il ponte dell’Immacolata andato praticamente in fumo. Tutto intorno è un pullulare di luci natalizie ed addobbi, mentre io non so ancora con certezza quando potrò scendere per le vacanze. Una convocazione per giorno 11 potrebbe trasformarsi in una nomina, il che vorrebbe dire rimandare la partenza a giorno 22 (al momento fissata per il 18). Un piccolo bimbo (stile Peanuts) e la sua luminosa palla di neve è tutto ciò che restituisce un po’ dell’atmosfera prefestiva al mio monolocale.

OOIMLmsDXCqedT9EZ--Per il resto, un senso frustrante di solitudine e silenzio si insinua sempre più nelle mie giornate. E il mio stato di salute non mi aiuta a distrarmi da questo momento difficile. Leggo quanto più riesca, ascolto la radio e acquisto fumetti. Riscopro nuovi personaggi Bonelli ed attingo ad arretrati di vecchie conoscenze. Come lo speciale Dylan Dog letto questo pomeriggio, una storia che mi è piaciuta particolarmente , oltre che ottimamente disegnata.

E poi ci sono Durrell e Terzani che mi tengono compagnia, con la loro scrittura che è quanto di meglio abbia incontrato nei miei anni di lettore non vorace ma di certo attento. Eppure avverto che tutto questo non basta. Potessi almeno uscire a fotografare come vorrei, sarebbe qualcosa di più distensivo. Forse. Mentre risuona il K516 di Mozart penso alla mia città, alla mia casa ed ai miei cari. Non è più come 10 anni fa, quando riuscivo bene a gestire la distanza, e in un certo senso a trarne anche qualche libertà personale che prima non avevo. Adesso avverto il peso del tempo trascorso, la stanchezza più frequente e meno sopportabile di allora, il mio maggiore bisogno di presenza umana, e della famiglia… Sto scadendo nel patetico, mi sa… Oggi gira così. Spero domani vada meglio. Nient’altro da dire.

Fine “primo tempo”.

E così è terminata, questa prima parte di esperienza scolastica veronese. Il mio incarico non è poi stato prorogato oltre il 2 dicembre… Pazienza. Non è stato facile questo primo impatto con il sostegno, ma di certo qualcosa di buono ho lasciato e tanto, tantissimo, ho imparato. Da oggi sarò nuovamente senza lavoro; in attesa di altre chiamate a tempo determinato. Vita da precario… Ma la mente torna alle mie ultime due giornate di svago. La prima, fra Piazza Bra e San Lorenzo. Con un’Arena questa volta meno affollata e i passanti che si lasciano incorniciare dalle arcate dell’anfiteatro romano:

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Da via Oberdan mi immetto in corso Cavour e alla mia destra spunta Porta dei Borsari. Proseguo però sulla sinistra ed ecco spuntare  l’Arco dei Gavi e Castelvecchio. Con la memoria, subito dopo, ripercorro le immagini di dieci anni fa e mi soffermo su San Lorenzo. Entro dentro e una magia mi pervade l’anima. La chiesa è meravigliosa, piccola ma strepitosa nel suo impianto architettonico. Bicromie di pietra locale ed una musica in sottofondo che rende tutto più suggestivo. C’è un sacerdote che legge assorto, alle luci di un faretto in posizione strategica che sfrutto anche io per uno scatto furtivo:

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Una deposizione lignea dietro l’altare fa da sfondo ai testi sacri posti in primo piano che cerco di cogliere nella successiva inquadratura:

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Dopo di che una mamma e una figlia entrano insieme percorrendo silenziosamente le navate laterali della chiesa. Un momento di preghiera mi offre lo spunto per uno scorcio della navata sinistra:

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Dopo 4 giorni sono di nuovo per le vie del centro di Verona. Giornata nebbiosa e fredda ma ho scarpe calde e comode ai piedi, per camminare in totale relax. Torno su corso Cavour e tiro dritto verso il Ponte Scaligero. Lo percorro da una parte all’altra, sotto una leggera pioggia e umidità crescente, e ne traggo qualche scatto da diversi punti di vista:

Arrivato sul Lungadige Cangrande, scorgo non molto lontano il campanile di San Zeno Maggiore e decido di arrivarci a piedi. Il percorso è molto bello, con le foglie autunnali che tappezzano i lunghi marciapiedi percorsi dai locali ciclisti della domenica. Arrivo davanti all’imponente facciata romanica e una doppia fila di trattori mi fa capire che è una giornata particolare:

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La benedizione del vescovo ai mezzi agricoli dal sagrato si protrae per qualche minuto alla fine della messa, e l’interno della basilica è illuminato come non lo era affatto la prima volta che visitai l’edificio sacro. Così posso ammirarne le bellezze artistiche (su cui spicca imponente il trittico di Andrea Mantegna dell’altare maggiore) e cogliere un istante di privata comunicazione:

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Ritorno percorrendo Regaste S. Zeno e scatto una mezza panoramica in cui la nebbia stende un velo soffuso sul Ponte Scaligero e Castelvecchio alle sue spalle:

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Pausa pranzo con un hamburger strafarcito di pancetta e salse americane, e sono di nuovo nel cuore del centro storico.  La chiesa di Sant’Anastasia è fra le più belle della città ed oggi, essendo domenica, si può entrare soltanto pagando un biglietto (stranezze italiane per l’accesso a beni pubblici che andrebbero fruiti gratuitamente…). Rifiuto l’audioguida compresa nel prezzo, perché non sono un turistello del fine settimana ed ho con me la rossa del Touring, ed inizio a godermi l’interno della struttura soffermandomi ad ogni cappella. Quella del Rosario, nella navata sinistra, mi offre l’occasione per un ultimo scatto, attratto dalle belle sculture seicentesche e la Flagellazione di Claudio Ridolfi che mi ricorda le luci caravaggesche:

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Ora son chiuso in casa, fuori è una soleggiata seppur fredda giornata di inizio dicembre, ma il mio tremendo raffreddore mi impedisce di uscire come vorrei. Gli ultimi giri in cortile col mio ex-alunno autistico hanno messo alla prova la mia salute di professore ormai alle soglie dei quaranta… Spero di riprendermi presto, che sia per lavoro o per trascorrere il mio tempo libero, ho bisogno di staccare un po’ da questa vita da casalingo forzato.

Sbram!

E’ arrivata come un fulmine a ciel sereno, dalla convocazione da cui non avrei scommesso nulla, l’ultima della lunga lista, e per comunicazione telefonica, la nomina per una cattedra di sostegno per ora fino a inizio dicembre ma, per quanto già anticipatomi, che andrà avanti, si spera, sino a fine anno. Paese fra i più vicini al mio attuale domicilio e strada molto comoda da percorrere quotidianamente. Ma la stanchezza di questi primi giorni inizia a farsi sentire. E non è per nulla semplice affiancare i colleghi di materia, in modo particolare per G., ragazzo autistico ed iperattivo, con cui dovrò trovare quanto prima il modo più adatto per approcciarmi al suo complicato carattere. Il primo giorno, poi, fra le tante dritte che il collega referente del ragazzo mi ha dato in modo chiaro ed esaustivo, seppur a valanga, la mia tensione era al massimo. Per la serie “e ora che faccio??!!??”. Sono quasi a una settimana di scuola e devo ammettere che le cose da fare sono davvero tante, fra materiali da preparare, piani educativi individualizzati da studiarmi, conoscenza dei casi specifici e quant’altro ancora. Il mio primo giorno libero domani, per altro, sarà completamente occupato da faccende di casa, riunione fra colleghi di sostegno e primo collegio docenti… Aaaah!!!!! Chissà se riuscirò almeno a ritirare le foto portate a stampare stamattina… E chi lo ha trovato più il tempo per rimettere al collo la fotocamera?  A parte nella scorsa settimana, quest’ultima domenica la pioggia l’ha fatta da padrone e così è saltato ogni programma di giretti nel centro. Parenti, familiari e amici sono tutti contenti di questa mia assunzione nella scuola, mentre io, a dirla tutta tutta, mi sento già fiacco e demoralizzato per il senso di inadeguatezza che mi pervade col passar delle ore. E ci mancava pure questo senso di stato influenzale che avverto da ieri, per cui le aspirine spero facciano il loro lavoro. Son qui, con Beethoven in sottofondo e la mia solitudine che prorompe nell’animo. I soli compagni in questa mia piccola dimora sono scutigere ed opilionidi, per fortuna di piccole dimensioni, che ogni tanto scaccio dagli angoli o le pareti su cui li scovo far capolino…

Verona… dopo dieci anni.

Dopo una stressantissima e demoralizzante prima settimana di convocazioni (e ancora nessuna supplenza assegnatami…), arriva il sabato pomeriggio. Una naturale voglia di uscire a far altro mi prende subito dopo pranzo e così, rimesse in funzione e in borsa le mie fotocamere, prendo il 12 e dopo circa 15 minuti sono in Piazza Bra. Giorno meno adatto per il mio primo giro in centro non avrei potuto scegliere. C’è un qualche evento legato al vino (ma quanto bevono ‘sti veneti?!!!?) ed ai motori (due fra le cose, per altro, che in assoluto al mondo suscitano meno il mio interesse), a cui è associato, se non ho ben capito, uno spettacolo serale all’Arena. Il tutto si traduce in una terribile calca di gente, oltre ai soliti turisti internazionali, che si muove frenetica fra uno stand e l’altro. Ma lo scorcio dell’anfiteatro romano con la Gran Guardia Nuova sullo sfondo è sempre uno scenario che mi attira:

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Imboccare via Mazzini in questo momento sarebbe quasi un suicidio, in fatto di tranquillità. Nonostante la presenza umana mi sia necessaria per l’idea di scatti che ho in mente, la folla è adesso più che altro un muro alle mie possibilità di “cattura”. Scarto per via Anfiteatro ed arrivo dinnanzi all’elegante facciata di San Nicolò. Entro dentro per un rapido giro fra le navate e provo a cogliere un dettaglio di fianco ad uno dei sontuosamente decorati confessionali lignei. La luce proveniente da una vetrata sopra l’altare centrale crea un gioco di luci e ombre di un certo fascino:

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Proseguo più avanti e sbuco in via Cappello, inavvertitamente, visto che non ho con me nessuna guida o cartina che mi ricordi la topografia del luogo. La bolgia nei pressi della “casa di Giulietta”, con tutta la sfilza di negozietti kitsch a tema amoroso-shakespeariano, è qualcosa di costante e, personalmente, insopportabile. Arrivo a Piazza delle Erbe, la mia preferita, ma la folla vinaiola, anche qui, rovina tutta la meraviglia del luogo. Tiro dritto verso S. Anastasia (il tutto, per oggi, più a naso che secondo un percorso prestabilito) e poi imbocco via Duomo. Seduta su un basamento del portale laterale di destra, una ragazza è tutta concentrata nella sua realtà virtuale, come fosse totalmente estranea all’imponente testimonianza storico-artistica che è proprio alle sue spalle:

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Fortunatamente decido di entrare nel Duomo e, dopo le prime cappelle di destra, con la coda dell’occhio, noto, nella navata sinistra, una pala d’altare che per stile e plasticità delle figure supera di gran lunga tutto il resto. Beata dimenticanza! Son trascorsi dieci anni dall’ultima volta che entrai in questa chiesa ed avevo completamente dimenticato che, quella accolta nell’elegante cornice marmorea disegnata da Iacopo Sansovino, è l’Assunta di Tiziano!

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E così la meraviglia è come fosse quella della prima volta! Mi soffermo alcuni minuti a guardare e riguardare l’opera, benché l’illuminazione lasci molto a desiderare, mentre le successive cappelle attirano meno la mia attenzione (a parte una dolcissima suora di origini asiatiche intenta a rifornire di ceri votivi quella barocca più avanti, che non riesco purtroppo a cogliere in uno scatto decente). All’esterno mi accoglie la facciata principale che, dal basso verso l’alto, si fa ammirare incondizionatamente. Sulla destra c’è un particolare di San Pietro in Archivolto che già anni fa colsi in uno scatto a colori. E’ il San Pietro in cattedra del XIII secolo, e questa volta di passaggio un nonno in bici col nipotino completano la scena:

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Da lì ad arrivare al Ponte della Pietra il passo è breve. L’Adige scorre placido, accogliendo Germani reali e gabbiani, mentre i turisti non fanno che fotografarsi e condividere sui social… Io preferisco proseguire sul lungofiume fino a Ponte Nuovo (poco più avanti c’è un caffè che è tappa per me regolare durante i miei giri in questa parte di Verona). Mi soffermo su uno scorcio che da su S. Tomaso Cantuariense, nell’attesa che passi qualcuno di interessante. Che i veneti fossero amanti delle due ruote a pedali, lo si sapeva già, ma un circa settantenne su monopattino, francamente, non mi era mai capitato di vederlo prima:

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Dopo l’ottimo espresso da Il Coloniale, mi accendo una sigaretta dirigendomi verso Piazza dei Signori. Qui, e fin dentro Mercato Vecchio, “Verona città del vino” imperversa rendendo difficile il passeggio senza chiedere permesso… Anche il Dante pensieroso, dall’alto del suo piedistallo, sembra perplesso guardando tutta quella gente con bicchieri di vino in mano e pseudo-piadine farcite di cui si ingozzano i partecipanti all’evento:

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La strada del ritorno è tutta una gimcana fra colonne di turisti da dribblare, fino alla fermata di Piazza Bra per raggiungere la quale devo adesso districarmi fra le lunghe file formatesi davanti ai cancelli d’entrata all’Arena. Un pomeriggio dopo tutto gradevole, in cui ho rivisto, seppur in breve tempo, alcune meraviglie che mi riservo di tornare a visitare dedicandovi la giusta attenzione.

Sull’acqua

E chi l’avrebbe mai detto che, a soli dieci giorni dal mio ritorno in terra veneta, prima ancora che nel centro storico di Verona, il mio primo giro turistico sarebbe stato a Venezia?!? Pensare che non ci tornavo dal febbraio 2008, la mia prima sbalorditiva volta. Mezza giornata non organizzata da me, naturalmente, ma dall’inaspettato viaggio su al nord di mio fratello con famiglia. E così mi reimmergo nelle meraviglie architettonico-paesaggistiche di questa città sull’acqua, anche se, ancora una volta, in modo del tutto differente da come farei io se fossi da solo. Alcune foto ricordo ai miei nipotini con mamma e papà, dove colori e forme la fanno da padrone. Fino a Piazza San Marco e agli attracchi delle gondole, dove la gente è più intenta a immortalarsi fra selfie e scatti in posa che a guardarsi davvero intorno:

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E quei calli alternativi presi lungo il ritorno per la stazione Santa Lucia, che ci immettono in splendide piazze di cui ignoro il nome (ah, che peccato non avere con me la guida Touring!), fino all’inaspettato comparire della ben nota statua equestre del Verrocchio, che mi fa levare al cielo lo sguardo, pieno di meraviglia e incanto:

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Scoprirò più tardi che è a Bartolomeo Colleoni che è dedica la scultura bronzea posta in Campo San Zanipolo (circondata da splendidi edifici ed arricchita da una chiesa di strepitosa bellezza). Ma la strada del ritorno si appesantisce per la stanchezza accumulata e l’ora del treno che si avvicina. Non mi riuscirà di prenderlo, in effetti, non avendo ancora fatto il biglietto. Così attendo la corsa dell’ora successiva, e nell’attesa scatto col cellulare una fotina d’insieme di ciò che appare dalle scalinate della stazione:

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Un giretto giusto per infrescarmi le idee. La prossima volta avrò con me “la rossa” e carto-guida della Touring, e sarà tutta un’altra cosa. Quartiere per quartiere, anche in questo caso un po’ alla volta, visiterò Venezia come merita, al modo che più mi è congeniale.

Un po’ alla volta

E’ iniziato con quattro piani senza ascensore, da montacarichi, il mio arrivo al monolocale mansardato che già abitai dieci anni fa. Disposizione di letti e mobilia completamente cambiata da allora, subito riportata a come era prima. Primi giorni di pulizie e bagagli da disfare, un po’ alla volta, a seconda dei comparti pronti per accoglierli. Il primo, quasi inevitabilmente, l’angolo libreria:

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Perché è così che inizio a sentire davvero mia la piccola casa che mi ospiterà per i prossimi mesi. I libri, ah!, senza di loro ogni spazio mi risulterebbe vuoto. Va bene che per metà, questi portati da giù, son testi di scuola, ma pian piano i volumi aumenteranno di certo. E poi, grazie a un’offerta del supermercato che ho a due passi da casa, anche il comodino fra i due letti singoli arriva a completare l’arredamento necessario all’abitabilità della mansarda:

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Giorni di intense faccende per rendere funzionale e pulito l’ambiente di vita casalinga di questa mia nuova esperienza veneta.

Birdwatching

I migratori, che grande risorsa! Quando li osservo al torrente P. c’è sempre qualche gradita sorpresa. D’altronde è un luogo a due passi da casa che, sebbene piuttosto degradato, offre ogni volta affascinanti campionari di diversità animale. Tre giorni fa c’era un bel po’ di movimento, fra le acque basse del corso d’acqua. L’eleganza dell’Albastrello, quella, non la batte nessuno:

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Esile, aggraziato, quasi la silhouette di un Cavaliere d’Italia. La sua livrea grigio chiaro, mentre scatto, si imbrunisce con le ultime luci del giorno. Così come succede ai due giovani di Gambecchio nano che inquadro insieme ad un Corriere piccolo un po’ più sulla destra:

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Tante altre specie, freneticamente in movimento alla ricerca di cibo: Piovanelli, Gambecchi, Piovanelli pancianera, Piro piro piccoli, l’immancabile rapido guizzare del Martin pescatore e poi, quando le luci del tramonto sono sempre più basse all’orizzonte, un Piro piro culbianco sul limitare del piccolo salto a pochi metri dalla foce:

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Basta anche soltanto un binocolo al collo, alle volte, per godersi tutto lo spettacolo della vita che va avanti, della pluralità di forme e colori che si susseguono col procedere delle stagioni.

I biscotti dell’attesa

IMG_20170913_4blog“Ma sì, che se resti ancora dei giorni hai tutto il tempo per affrontare meglio la partenza, tanto i bagagli sono già tutti pronti, devi solo caricarli in auto; e così vado a prenderti il pane di C. e ti preparo anche i biscotti di pastra frolla”. Ah, la pasta frolla di mia madre! Sono queste le cose di cui sentirò certamente la mancanza. Quelle attenzioni familiari che dopo 10 anni di permanenza nella mia città mi hanno fatto assestare in una condizione di comodità e calore umano. Ma non è più tempo di continuare a crogiolarsi. Non posso più permettermelo. Benchè di controvoglia, riprenderò la mia vita da insegnante fuori sede, molto fuori sede…

Le pietre e il popolo

“Se torneranno ad essere governate dai cittadini per i cittadini, le nostre cosiddette «città d’arte» possono ancora resuscitare la loro funzione plurisecolare: possono di nuovo dare forma e alimento a una vita civile la cui missione principale dev’essere, oggi, quella di fornire un modello culturale alternativo al mercato, di favorire l’integrazione tra italiani e immigrati, di permettere la frequentazione reciproca di classi diverse ormai chiuse in luoghi e vite nettamente separati. Le nostre città, e la loro arte, non servono a trasformarci in turisti, ma a farci cittadini sovrani, e a farci tutti uguali. È ancora possibile: dipende da noi.”

Tomaso Montanari. Le pietre e il popolo.

 

Quando “incontri” una persona così, ne leggi le parole, ti poni in suo ascolto, ti si aprono prospettive illuminanti. Capisci ciò che ignoravi prima e le sei grato.